Hannah

Da Fossoli,  Hannah è stata deportata al lager di  Auschwitz.

Non sa che è chiamato ‘campo di sterminio’, crede ancora di trovarsi in una prigione; crede che prima o poi uscirà, che rivedrà la sorella e la mamma, che forse tornerà a Venezia. Cerca di tenere salde le immagini rassicuranti dentro il suo cervello, dietro lo specchio dei suoi occhi che invece le rimandano visioni terrorizzanti. Desidera con tutta se stessa che il tempo scorra in fretta, affinché  quel che sembra un incubo, da cui si fa fatica a riemergere, finisca.
Presto capisce la verità: da lì non uscirà viva.  Si dà della stupida ed ora vorrebbe  fermarlo,  il tempo, che non si vada di corsa verso non sa quale orrore.
Quando era a Venezia, seduta in qualche Campo o lungo un Rio con le gambe a penzoloni, ripensava alle banalità enunciate dai grandi:  Se ci si diverte il tempo passa in fretta, sentenziavano, se ci si annoia non passa mai.  “Niente di più falso” ribatteva lei “il tempo si dilata se lo riempio; sono le giornate vuote a trascorrere a tradimento. Ieri, per esempio:  ne ho fatte di cotte e di crude, e mi pare impossibile che sia trascorso un giorno soltanto.”
Ecco, sì, pensa ora, posso fare così: allungare il tempo usandolo.  Non vorrebbe nemmeno dormire, nonostante lo sfinimento, ma cosa può fare più di quel che già la costringono a fare? Può occuparsi degli altri, ce n’è che stanno peggio di lei, quella donna con quella bambina piccola, appena arrivata, può aiutare a pulirla e cambiarla privandosi di qualche straccio. Sarà la sua nonna, o la bisnonna? Chissà…  Presto la piccola morirà, ma finché vive, che possa stare il meglio possibile, lei non sa di dover morire.
Ma la donna lo sa, e lei sa che lo sa, e  sa che lei sa che lo sa.  Con questa consapevolezza non riesce a guardarla negli occhi.
Prima di quanto si aspettasse, rientrando nella baracca, non le trova più. Non può fare niente per le compagne e quindi per lei stessa. Il tempo è scandito  a passo di morte, ma Hannah tenta ancora di fermarlo. Elabora  tutto in un minuto,  lunghissimo, che prova a rendere eterno:  se questo minuto lo scompongo in secondi, si dice, ed i secondi in momenti, ed ogni momento lo spezzetto in tanti istanti, e così via…  Ma se penso non funziona, spreco gli attimi, devo ancorarmi a qualcosa…. La neve ! ,  ce n’è tanta, e non un cristallo uguale all’altro, ecco, li vedo, li distinguo, salto su questo, è simmetrico, è come il mio nome palindromo, HAN-NAH;  mi perdo nella sua geometria, nel gioco di specchi, non mi basterà la vita per esplorarlo tutto…
La sua mente getta l’ancora in quel mare bianco, freddo e senza dolore.  E si sente in salvo.
Si salverà dai reumatismi, dai dolori del parto, da un  incidente sugli sci,  dalla vecchiaia; si salverà dall’impotenza di fronte alla sofferenza altrui; dalla paura di perdere una felicità intravista; si salverà dall’amore e dalla tragicità che segna la condizione di chi ama tra i mortali.  Il suo corpo si salverà dalla vita e la sua mente, senza saperlo, sarà sconfitta.
Il giorno dopo il camino scioglierà quel cristallo di neve, quella zattera, ma la sua anima sarà già salpata.

 

Fine

Postato altrove, scritto anni fa per un’amica persa di vista, la quale porta il nome di una ragazzina deportata con la sorellina e la mamma da Venezia e assassinata nel 1944 ad Auschwitz: Anna Scaramella.
Non è una storia vera, forse possibile. A differenza di Anna Frank che scelse la vita per la vita in sè, comunque fosse, questa bambina si distacca da essa.

 

10 pensieri su “Hannah

  1. Sicuramente è possibile evadere la realtà cercando di rallentare il tempo vivendo ogni secondo e minuto che resta; la nostra è un percezione. Ma è un pezzo tuo? Comunque straordinario, notevolissimo.

  2. Benvenuto, Odino.
    Non so se sia davvero possibile: è una speculazione cervellotica la mia, o magari un’intuizione.
    Ho un bilico di raccontini con bimbi per protagonisti, scritti per i miei familiari e dintorni; per lo più sono… come dire… fanta-lieti, ecco.

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