MARGHERITA (sturiellett)

Oggi, sono stata catapultata indietro di mezzo secolo: mi sono rivista in lacrime, abbarbicata alla severissima e amatissima maestra allorché finì l’ultimo minuto dell’ultima ora dell’ultimo giorno dell’ultimo anno delle Elementari.
Il Mostrillo ha finito oggi; della sua classe piangevano TUTTI: bambine,  bambini e maestre;  poi, le bidelle, in crescendo;  poi, i bidelli…
Come avremmo potuto, noi genitori, non avere gli occhi lucidi ?

Questa che segue è una storiella scritta per la maestra di matematica;  Margherita è la sua bambina dell’ Altroquando.
MARGHERITA
Margherita dorme beata.
Un sogno le va incontro, fluido e leggero come una barchetta di carta in un ruscello di montagna.
Guarda la piccola barca infilarsi nel bosco e gettarsi nel torrente; riesce a seguirla di cascata in cascata: è fatta di carta argentata e riflette i raggi del sole che filtrano tra le chiome dei faggi.
Ma, allorché il torrente confluisce nel fiume, la perde di vista.
Cammina lungo l’argine per un tratto, poi sale su di un ponte e si affaccia al parapetto: forse la vedrà passare sotto di lei.
Dopodiché, il sogno si trasforma in un incubo: subdolamente, una crepa si apre a pochi centimetri dai suoi piedi; e un’altra poco più in là, e un’altra ancora… fino a che il ponte comincia a sgretolarsi, e rovina nel fiume.

 

Prima di sprofondare in acqua, Margherita si sveglia; ha la testa appoggiata alle braccia, le braccia appoggiate al banco: ancora una volta si è addormentata durante l’ora di matematica.
Frettolosamente, prima che venga cancellata, copia la lezione dalla lavagna; ma poi, da sopra la spalla del compagno, controlla e ricontrolla che le virgole siano tutte al posto giusto: ieri, per una svista, aveva sbagliato un calcolo e di conseguenza tutti gli altri.
“Ecco com’è che, poi, cadono i ponti!” Si dice in uno sprazzo di lucidità.
Ce la metterà tutta per non far crollare la sua media scolastica; di certo, pensa, mai crollerà un ponte per causa sua.
E’ ancora in tempo per diventare una brava ingegnere.

fine

Écho du Grand Bois (STURIELLETT)

 

ÉCHO DU GRAND BOIS

 

http://luli118961.files.wordpress.com/

 

ÉCHO DU GRAND BOIS

 

 “Eco era una Ninfa dei monti perdutamente innamorata di Narciso”  legge Donatella, prima liceo,  “Lui fuggì e lei si lasciò morire. Non ne rimase che la voce.”
Ecco come sono i maschi, conclude la ragazza cupamente, scagliando il libro lontano.
Nel giro di un’estate, da bimba spensierata che era, si è trasformata in un’adolescente lunatica e bizzarra; nondimeno, è contenta della sua vita – benché talvolta, per darsi un tono, dica che è uno schifo.  Donatella ama gli zii che l’hanno cresciuta – anche se vorrebbe tanto ricordare i genitori; adora i cuginetti – tranne quando li strozzerebbe di gusto; ama la scuola e i compagni – pur chiedendosi, di tanto in tanto, se ha scelto quella giusta; e il paesello – che comunque comincia ad andarle stretto; e soprattutto ama la montagna tutt’intorno, anche se ha l’impressione che sia cambiata insieme a lei, con quei sentieri che percorreva allegramente e che ora paiono serpeggiare infidi. Sono gli stessi che da sempre portano al Grande Bosco, dove, ne è certa, i suoi giocano insieme agli spiriti della natura che lì s’incontrano, rincorrendosi con Elfi e Gnomi.
Vi si reca sovente; a volte solo per sentirli chiacchierare con voci di foglie e ruscelli; talvolta per piangere in santa pace; certi giorni, invece, per chiedere consiglio all’Eco del Gran Bosco.
Oggi è uno di quei giorni. E’ afflitta e arrabbiata insieme.  Arriva sino al limitare della selva che si affaccia bruscamente su di un dirupo.
“Eco del Grande Bosco, amica mia, ” esclama, “perché i miei sentieri son diventati crepacci, e precipizi, e orridi ? ”
L’Eco risponde: “… RIDI …”
“E di cosa? Non c’è più niente che m’incanta! ”
L’Eco risponde: “… CANTA …”
“Non posso, ho un nodo alla gola … le persone a cui io volevo bene, erano le stesse che amavano me, ma ora … più niente combacia … ”
“… BACIA …”
“Come?!?  Figurati!  Non sto ad annoiarti con i fatti miei, ma …  insomma, son diventata timorosa!”
“… OSA …”
“NO!”
“… NO ...”
“Osare, no! Non ci penso proprio, non voglio … non voglio un rifiuto, voglio … essere cercata… non voglio che i ragazzi … ehm … approfittino di me, e magari neanche un grazie, sai cosa intendo. Lo dicono anche i grandi: se sbagli, la vita non perdona!”
L’Eco risponde: “… DONA …”
A questo punto, Donatella si blocca.  DONA …
Il suo nome sarebbe Donata, gli zii dicevano di lei che era stata loro donata.  Gli amici però la chiamano Dona e forse in quel nomignolo sta un segreto. O un suggerimento.
Pensierosa, riprende il sentiero verso casa.
Fatti pochi passi, si ferma, si rivolge al Grande Bosco e sussurra: “ Grazie, ora sto meglio.” E aggiunge, ridacchiando: “Non andar via, eh! A presto!”
Ed Eco mormora: ”… RESTO…”
 
Fin
 
https://www.youtube.com/watch?v=SeV8AnpuTmM
https://www.youtube.com/watch?v=qYi_WTsJ3ic

 

Esattamente un anno fa postavo una storiella dedicata alla mia mamma e al mio papà.  Questa, invece, l’avevamo scritta insieme, lei ed io. Avevamo preso spunto da una poesia che mi recitava quand’ero bambina:   L’Écho du Grand Bois .  Non so se mi piacesse di più la poesia o il suono della sua voce. 

 Ps: Mia mamma si chiamava Angela; Donatella è vivissima, sta benone, la saluto :-)